LA SICILIA, sez. CATANIA.CALENDARIO -- MARTEDI' 3 NOVEMBRE 2009 pag 34 -- Al Katane Palace Hotel in una conviviale interclub tra il Rotary Catania Nord ed il Rotary 4 Canti Centenario, il dott. Sebastiano Ardita, direttore generale della direzione detenuti e trattamento del ministero della giustizia, consulente commissione parlamentare antimafia, ha parlato di «La situazione delle carceri italiane», introdotto
dai presidenti dei due club, Goffredo D’Antona e Adriana Ciancio. La situazione delle carceri che scoppiano impedisce il recupero in pena detentiva. Il dott. Sebastiano Ardita ha puntualizzato come tale problematica sia poco attenzionata dall’opinione pubblica, poiché un grosso equivoco attanaglia la materia. Si pensa che il carcere sia il luogo dove si sconta la pena e che questo periodo serva a migliorare il
detenuto e ad inserirlo socialmente. Ma in effetti non è così, a causa del numero crescente delle detenzioni e del flusso continuo in entrata ed uscita dalle carceri, per
cui la rieducazione diventa impossibile. Le carceri sono il luogo dove ci sono detenuti per diversi tipi di reato, dall’assassino al ladro, dal mafioso allo spacciatore, dal condannato all’imputato. Per quanto tempo su tali soggetti potrà essere effettuata la rieducazione?. Dati statistici dimostrano che su 89.000 arrestati nel 2005, solo 9.000 nel 2007 erano ancora in detenzione, i rimanenti 80.000 erano tutti tornati in libertà, con un transito fluido dell’82%, con il 62% che aveva fatto solo un mese di carcere ed il 40% fino a 12 mesi. Il tempo medio di carcerazione per rapina è di 2 anni, se condannato, o di 100 giorni, se imputato, e addirittura di 11 giorni con l’amnistia. E’ un sistema che non funziona nell’ottica della dissuasione dal crimine e determina stress dell’amministrazione carceraria, nella poca disponibilità di posti che esige di dosare le detenzioni.
Responsabilità che cade su chi amministra questi strumenti. E’ impossibile fare il trattamento riabilitativo dei criminali nella non conoscenza di chi sosta per breve
periodo e su cui si può agire solo con strumenti di emergenza: far si che il detenuto non cada in depressione, che non si suicidi, che non subisca violenza. Il Piano
carceri è basato sulla logistica che serve a far guadagnare posti per i nuovi detenuti. Occorre un diverso sistema di pena che eviti il flusso di transito, con differenziazione
dei tipi di reato e delle sanzioni penali. Occorre la costruzione di nuovi penitenziari e l’ampliamento delle grandi aree di case di reclusione. Il Dipartimento Penitenziario, come ha infine osservato il dott. Ardita, sta a metà tra Giustizia e Polizia per valutare equamente sui principi dell’umanità della pena.
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